Molti di noi la storia del Trentino, la nostra storia, l’hanno imparata sentendo cantare: il nostro cuore l’ha cioè percepita prima della nostra testa. Sono stati i nostri padri ed i nostri nonni, cantando, ad insegnarci cose che non si trovano nei libri: e non si trovano perché non si può rinchiudere la tradizione in semplici parole. La tradizione è più vasta, e tocca le corde più intime e profonde e continua a farle vibrare.
Eravamo ancora austriaci, all’alba del Novecento, ed il Coro della SOSAT non esisteva ancora. Forse era un embrione annidato nel grembo del Club Armonia, nel quale alcuni futuri coristi suonavano mandolini e chitarre, e che negli anni ’20 sarebbe diventato il più importante gruppo filodrammatico della città.
Il canto popolare c’era già prima del Coro della SOSAT. Certamente. Ma è stato il Coro, fin dalle origini, a codificare una tradizione e una storia che la carta stampata non può contenere. Anzi: non una storia, ma un universo di microstorie che popolano il nostro passato e che sarebbero altrimenti rimaste mute.
In realtà niente esce dal nulla: c’è sempre una ragione dietro una nascita. Dal 1921 esisteva la SOSAT (Sezione Operaia della Società Alpinisti Tridentini): un’associazione che per la prima volta si proponeva di portare la gente qualunque a conoscere la montagna, ad abitarla e a farle compagnia cantando. Fino a quel momento la montagna era stata la meta di esploratori aristocratici, una piccola élite: ma finalmente si era aperta a una dimensione popolare ed era diventata un ambiente di tutti. Questa intuizione sociale e politica si deve a Nino Peterlongo: e sarà destinata a plasmare sulla montagna l’intero immaginario collettivo trentino.
Si narra che qualche anno prima del debutto, nel laboratorio dell’Istituto Industriale in Corso Buonarroti, un certo Tullio Antoniutti un giorno, fischiettò la canzone del Piave; e che dall’altra parte della classe, qualcun altro, Mario Pedrotti, rispose.
Tullio e Mario ai quali si erano uniti Enrico, fratello di Mario e Riccardo Urbani, amico di Tullio, finirono per ritrovarsi a fare musica insieme. L’embrione del Coro si riuniva al secondo piano di una casa di Vicolo Gaudenti, al numero 8: era casa Pedrotti. I quattro amici si ritrovavano per suonare con chitarre e mandolini, e un giorno provarono a cantare le melodie dei canti popolari che suonavano con gli strumenti. Ma cosa significa cantare insieme? In primo luogo, significa riconoscersi.
Si aggiungono altri amici: Renato e Giuseppe Jungg, Leo Seiser, Giuseppe Ranzi, Bruno Pasini, e altri.
Ma le voci, da sole, non bastano: è necessario che qualcuno intuisca il loro valore collettivo. È Nino Peterlongo. Già fondatore e presidente della SOSAT, uomo di eccezionale valore, dotato di una tempra morale che poi, negli anni, abbiamo smarrito, intuisce che quelle voci diventeranno la colonna sonora di quell’immaginario della montagna che lui stesso aveva concepito nel 1921. Una sera bussa alla porta della casa ove i ragazzi stanno provando delle canzoni e chiede loro di uscire allo scoperto e di entrare nell’ufficialità come Coro della SOSAT.
Il Coro della SOSAT ha dunque un’origine simile ad una leggenda: pare infatti uscire dal nulla, come un movimento della coscienza collettiva dopo gli anni della Grande Guerra e dell’esilio. E non è affatto un caso se la prima esibizione del Coro avviene nel maggio 1926, undici anni esatti dopo l’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria ed un Trentino in cerca di una nuova identità.
Il Coro della Sezione Operaia Società Alpinisti Tridentini, il Coro della SOSAT appunto, nasce così, quando il destino bussa alla porta.
E quel coro, fin da subito, raccoglie il consenso del pubblico. I primi concerti si svolgono in varie località del Trentino, ma poi la notorietà del coro si diffonde in tutta l’alta Italia: si distingue per la spontaneità del suo canto, un canto istintivo più che armonizzato rigidamente. E così ogni concerto diventa un evento unico e, di fatto, irripetibile.
Il valore artistico di quel canto è però elevato, al punto da attirare l’attenzione di personaggi importanti sulla scena musicale. Il destino che crea il Coro della SOSAT gli fa incontrare amici musicisti come Luigi Pigarelli e Antonio Pedrotti. E questi a loro volta iniziano a donare al canto popolare di montagna un repertorio di brani e armonizzazioni che ne segneranno la storia.
Soprattutto, l’anima del Coro era un’anima popolare: e il garante di quell’anima era proprio Nino. Nino Peterlongo. Fu proprio a lui, che Toni Ortelli fece consegnare nel 1927, la melodia e le parole de “La Montanara”.